L’artista è un autentico artista solo quando è precipitato nella sua pazzia.
Lo spettacolo si apre nell’atrio di un Hotel. La scena è semovibile e permette un movimento di trecentosessanta gradi che rende profondità e tridimensionalità. Tredici attori si aggiungono al protagonista che, attraverso il suo monologo, dipana pian piano la storia della sua vita.
La storia è quella di un attore giunto alla fine dei suoi giorni che nel suo raccontare setaccia quello che rimane della sua vita della sua vita. I personaggi che ruotano intorno a lui non a caso indossano delle maschere: maschera che è finzione teatrale ma anche di vita. Si parla delle difficoltà di vita dell’essere artisti e attori, ma a ben vedere non sono gli unici che vestono una maschera.
La maschera diviene così il fulcro del racconto dietro al quale chi la indossa spesso finisce per cercare l’oblio e la pace della morte.
In scena molto i riferimenti a grandi opere artistiche, dal cinema al teatro, dal The Rocky horror show ad Arancia meccanica. Molto interessante il fatto che le uniche persone con le quali il protagonista riesce ad interagire sono due donne: una in età avanzata che come lui cercherà lo stordimento e la morte dietro una maschera, l’altra molto giovane che non indossa nessun mascheramento facciale e che sarà l’unica a provare un po’ di pietà per quell’attore e quel direttore teatrale rifiutato da tutti.
Mascherarsi non permette agli altri di vederci per quello che siamo, e quindi restiamo soli. Oggi chi di noi può dirsi puro? Noi che tra abiti e trucchi, selfie e correzioni fotografiche, raramente mostriamo noi stessi; in fondo anche la ragazza nello spettacolo veste un suo travestimento in quel look metallaro che contrasta fortemente con il genere musicale che ascolta alla radio che si porta appresso, quasi a sottolineare che in fondo neppure lei è davvero quella che appare e che molto probabilmente veste una maschera negli abiti per potersi avvicinare all’amore.
Eros Pagni offre una gran prova di recitazione e l’impronta registica di Marco Sciaccaluga non delude le ottime aspettative di sempre.
Lo spettacolo rimane in scena fino al 12 marzo al teatro Politeama Rossetti di Trieste.
Laura Poretti Rizman
“ Prova d’attore straordinaria e magistrale di Eros Pagni in “Minetti” di Thomas Bernard: diretto da Marco Sciaccaluga e prodotto dal Teatro Stabile dei Genova lo spettacolo arriva al Politeama Rossetti per la stagione Prosa del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. Repliche da mercoledì 8 a domenica 12 marzo”.
Al centro di “Minetti” c’è il teatro e l’arte dell’attore, il suo senso, la sua necessità, la sua radicalità di fronte al mondo» sottolinea Marco Sciaccaluga a proposito del testo di Thomas Bernhard, che ha allestito affidando il ruolo del titolo – importantissimo banco di prova per i grandi maestri della scena – a uno dei massimi artisti italiani, Eros Pagni.
“Minetti” arriva al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia per la Stagione della Prosa e replica dall’8 al 12 marzo alla Sala Assicurazioni Generali.
Il pubblico dello Stabile ha sempre apprezzato molto questo raffinato interprete, che – per citare solo le stagioni più recenti – ha letteralmente stregato la platea ne “Il Sindaco del rione Sanità” e prima in “Misura per misura” e in un indimenticabile “Aspettando Godot”.
Naturale, dunque, per lui, confrontarsi – e con straordinari risultati, lodati all’unanimità da pubblico e critica – con il personaggio con cui Thomas Bernhard fece omaggio a Bernhard Minetti, il maggiore interprete del teatro tedesco del dopoguerra.
Al centro del plot è proprio un anziano attore: è la notte di San Silvestro, ad Ostenda il clima festoso invade rumorosamente le strade, nonostante una copiosa nevicata. Nella hall di un albergo, Minetti ha appuntamento con il direttore del Teatro di Flensburg che – scopriremo – gli ha proposto di recitare, dopo trent’anni d’assenza dalle scene, in un ruolo da lui fortemente desiderato, quello di Re Lear. Per questo, l’anziano attore porta già con sé in valigia, la maschera di Lear – con cui si esercita da anni, quotidianamente, a dare vita al personaggio – e una raccolta di vecchie recensioni: ciò che di polveroso e povero rimane, di un’arte tanto vitale, mutevole e complessa…
Nella lunga attesa Minetti parla di sé, del suo passato, dell’arte, delle frustrazioni e dei sogni, del senso del teatro, della durezza della realtà… È polemico, rabbioso, ma anche solo e profondamente toccante. Si rivolge talvolta a chi passa nella hall: personale di servizio, una giovane cliente, gente per lo più festosa, chiassosa, stonata rispetto alla sua tensione emotiva. Lui non sembra avere bisogno delle loro risposte, nemmeno quando diviene chiaro che l’attesa è vana, che non sarà mai Lear.
Scritto nel 1976 e messo in scena per la prima volta a Stoccarda per la regia di Claus Peymann (direttore del Berliner Ensemble, che si è dedicato più di ogni altro alla drammaturgia bernhardiana), “Minetti” è molto interessante da diversi punti di vista. Lo è per la concezione e la scrittura: basti pensare all’emblematico protagonista, così circondato dall’assenza di senso, così privo di prospettive positive, così ossessivo nel suo isolamento e nei rituali in cui si rifugia per sentirsi vivo. Particolarmente significativa è anche la struttura dei dialoghi, non basati su un vero “scambio”: sono più un’occasione data a Minetti per ruggire i propri sfoghi, fra il comico e il tragico.
Stimolante è poi la riflessione sull’arte compiuta dall’autore, in questa ed in altre opere. Sembra che, per certi versi, parli al teatro contemporaneo una delle invettive che sentiremo pronunciare a Minetti-Pagni: «Il mondo pretende di essere divertito, e invece va turbato, turbato, turbato/Ovunque oggi ci volgiamo, null’altro che un meccanismo per divertire/ Occorre precipitare tutto nella catastrofe dell’arte».
“Minetti” di Thomas Bernhard, per la regia di Marco Sciaccaluga va in scena nella versione italiana di Umberto Gandini.
Ne è protagonista Eros Pagni. Accanto a lui recitano Federica Granata (Una signora), Marco Avogadro (Portiere), Nicolò Giacalone (Facchino), Daniela Duchi (Una ragazza), Marco De Gaudio (L’innamorato della ragazza), Angelo Palladino (Un vecchio che zoppica), Daniela Duchi e Michele Maccaroni (Una vecchia coppia di coniugi), Michele Maccaroni (Un ubriaco), Bruno Ricci (Un cameriere) e poi nei panni delle persone in maschera Giovanni Annaloro, Mario Cangiano, Maria Angela Cerruti, Marco De Gaudio, Roxana Doran, Daniela Duchi, Michele Maccaroni, Sarah Paone, Francesco Cristiano Russo, Emanuele Vito.
Le scene ed i costumi sono firmati da Catherine Rankl, ha composto le musiche Andrea Nicolini e le luci sono di Sandro Sussi. “Minetti” è una produzione del Teatro Stabile di Genova.
Lo spettacolo va in scena alla Sala Assicurazioni Generali del Politeama Rossetti da mercoledì 8 marzo a sabato 11 alle ore 20.30 e domenica 12 marzo in replica pomeridiana con inizio alle 16.
Per abbonamenti “con le stelle” e per i posti ancora disponibili ci si può rivolgere presso tutti i punti vendita dello Stabile regionale, i consueti circuiti o accedere attraverso il sito www.ilrossetti.it alla vendita on line. Ulteriori informazioni al tel 040-3593511.