Amai la terra solo perché era comparso il Dolore.
E’ stata grande l’attesa e grande l’emozione nel rivedere il più grande attore dei nostri giorni, colui che infinite volte ha saputo donarsi attraverso i suoi personaggi. La scelta di esibirsi in una dimensione più intima, lo porta ancora maggiormente vicino al cuore del pubblico che tanto lo ama, che lo contraccambia con il tutto esaurito sera dopo sera. Fin dal suo primo ingresso riesce a riaccendere l’amore per il buon teatro e attraverso il timbro della sua voce, la sapiente recitazione e l’eccellente mimica, riporta tutti in una dimensione di alto livello.
Si presenta raccontando la sua sensazione di pupazzo incatenato, lui, che ama mettersi a nudo per far trasparire l’essenza, questa volta rimane bloccato dalle vesti e calpesta la terra nella quale vuole sprofondare. Il palcoscenico è davvero rivestito di uno strato di terra nella quale Lavia si relazione, ora sollevando nuvoli di polvere, ora lasciandosi cadere ed avvolgere.
Lui viene salvato proprio dall’innocenza di chi non ha saputo salvare, lui, uomo ridicolo che ha subito il mal di vivere; un male che ha accompagnato tutti i più grandi artisti e che si manifesta anche nel personaggio e sicuramente anche in Lavia stesso.
Gabriele Lavia vive da sempre i suoi personaggi e qui al Politeama Rossetti ha avuto modo di rappresentarne moltissimi nel corso della sua lunga carriera.
La terra che lui calpesta lo riporta alla realtà e al personaggio, cosi come a molti di noi, accade di incontrare la rivelazione nel momento più cupo, più buio e più inaspettato.
Noi umani non sappiamo amare aldifuori della sofferenza: abbiamo bisogno della sofferenza per vivere.
La conoscenza è superiore alla felicità, per essere davvero felici abbiamo bisogno del dolore.
Ci si stanca della felicità e di quella vita che ci pare inutile finendo per amare la sofferenza.
Una verità scomoda, pericolosa, che rende pazzi perchè è proprio una pazzia sognare una vita felice.
Lo spettacolo rimane in scena alla Sala Bartoli fino a domenica 20 maggio per la stagione Prosa del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.
Laura Poretti Rizman
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Gabriele Lavia ritorna allo Stabile regionale con il suo attesissimo “Il sogno di un uomo ridicolo” di Dostoevskij, una profonda riflessione del grande scrittore russo sulla condizione umana, con cui si è più volte confrontato durante la sua carriera. Una grande prova d’attore e di regia che chiude la stagione dello Stabile nel segno dell’intersecarsi dei linguaggi teatrali e narrativi. Lo spettacolo replica alla Sala Bartoli da giovedì 3 maggio a domenica 20 maggio per la stagione Prosa del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia”.
«Il destino ultimo dell’uomo è quello di realizzare una completa comunione con gli altri uomini e può avvenire soltanto attraverso l’annullamento della propria individualità e l’amore per il prossimo. Dostoevskij vede nell’individualità l’origine e la causa dello spirito di separazione che c’è tra gli uomini e che ha trasformato la Terra in un sottosuolo» dice Gabriele Lavia a proposito del suo lavoro su “Il sogno di un uomo ridicolo”, una profonda riflessione del grande scrittore russo sulla condizione umana, con cui si è più volte confrontato durante la sua carriera.