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Numeri come fossero parte del mare. Spaziosità sulla scena e rumore di dattilografia. Attori immersi al punto da crearne vortice.
Perché è venuto a Copenhagen?
Tre fantasmi si interrogano sulla loro vita e sulle scelte importanti da loro effettuate. Scelte che hanno cambiato il destino dell’umanità e che , a distanza di un secolo, appaiono realmente dense di quell’importanza che forse precedentemente c’era sfuggita. Confessioni sincere tra morti che sono stati i pionieri della teoria atomica e della fisica quantistica. Purtroppo vissuta al tempo del nazismo.
La spaziosità della scena raffigura un’aula universitaria con moltissime lavagne appese alle pareti, i numeri si susseguono anche nella tipologia virtuale. Il colore predominante è il grigio, anche sui vestiti e le lavagne sono piene di esercitazione e di formule.
Copenhagen, Berlino, SS, astrofisica e fisica che equivale a politica.
A volte è più difficile tenere separate le due cose.
La moglie, unica Donna sulla scena, ricopre il ruolo della narratrice ma anche quello della coscienza: è lei quella che da voce ai pensieri più nascosti.
La musica è un’altra cosa, lei riesce a decidere per te.
Si narra la storia dei progressi della fisica in questo spettacolo, ma anche e soprattutto si narra la nascita di una grande amicizia legata dalla passione per il proprio lavoro, che quando coincide con la passione appunto, lavoro in fondo più non è.
Camminando e parlando i due amici consolidano il loro rapporto che neppure la guerra e le diatribe politiche riescono a distruggere. La bellezza delle strutture matematiche si scontra dunque con gli interessi bellici ma, almeno stavolta, i danni sono inferiori di quello che avrebbero potuto essere.
Seduti, uno di fronte all’altro, discutono sul l’impossibilità di rinunciare all’indipendenza morale. Sembrano bambini appassionati con la madre a bilanciare i giochi nella loro pericolosità.
Nuvole nere sorvolano il cielo come uno spettro minaccioso di cosa avremmo potuto fare di peggio di quello che già stiamo facendo per danneggiare il nostro pianeta, i nostri simili e il nostro futuro, mentre sulle note della canzone francese La belle Vie, scatta la domanda importante: “Ma cosa rimane del nostro devastato, disonorato ma beneamato mondo?”
Ed improvvisamente un mondo molto diverso e terrificante inizia a prender forma nel dolore di chi paga le conseguenze.
Può un fisico decidere il destino dell’umanità? Può avere una responsabilità simile solo per svolgere il suo lavoro e scoprire nuovi orizzonti? E la rinuncia a tutto questo quanto costa?
Laura Poretti Rizman
Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice: cast di stelle per “Copenaghen” di Michael Frayn al Politeama Rossetti il 18 e 19 dicembre ospite della Stagione “altri percorsi” del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. Lo spettacolo avvince trattando il tema della ricerca sulla bomba atomica alla fine della seconda guerra mondiale. Mercoledì 19 dicembre alle 17.30 incontro con Umberto Orsini, il professor Sergio Fantoni e il giornalista scientifico Fabio Pagan nell’ambito di ProESOF alla sala Bartoli.
«Io penso che sarebbe stato un errore imperdonabile pensare di dar vita ad una Compagnia teatrale che porti il mio nome senza pensare all’opportunità di rimettere in scena uno spettacolo come “Copenaghen”» dichiara Umberto Orsini. «Quando decisi di avere accanto a me un attore come Massimo Popolizio affidandogli anche la regia di “Il prezzo” di Miller mi era chiaro che questa collaborazione non sarebbe stata un episodio isolato. Era evidente che insieme avremmo potuto dare vita a qualcosa che oggi è sempre più difficile trovare e cioè a quel teatro di recitazione nel quale entrambi, seppure in epoche diverse, siamo cresciuti e al quale ci ispiriamo. Ed ecco che riproporre “Copenaghen”, la pièce di Frayn che insieme a Giuliana Lojodice ci aveva visti interpreti per la prima volta diciotto anni fa, mi è sembrata una scelta quasi obbligata».
Ecco allora approdare nuovamente anche al Politeama Rossetti una straordinaria Compagnia teatrale in un eccellente esempio di drammaturgia, di teatro, di pensiero: “Copenaghen”. Fin dall’applauditissimo esordio del 1999, nella regia di Mauro Avogadro, lo spettacolo – interpretato da Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice – ha conquistato tutti e l’attenzione che suscita ora, vent’anni dopo, non è cambiata affatto.
In particolare allo Stabile regionale – che da alcune stagioni traccia un proprio itinerario di ricerca intrecciando temi scientifici e linguaggi teatrali, in sinergia con ProEsof, nell’attesa del 2020 quando Trieste sarà Capitale Europea della Scienza – “Copenhagen” di Michael Frayn rappresenta un irrinunciabile momento di discussione e conoscenza.
In un luogo che ricorda un’aula di fisica, immerse in un’atmosfera quasi irreale, tre persone parlano di cose successe in un lontano passato, quando tutti e tre erano ancora vivi. Sono Niels Bohr (Orsini), sua moglie Margrethe (Lojodice) e Werner Karl Heisenberg (Popolizio). Tentano di chiarire il misterioso episodio avvenuto nel 1941: il fisico tedesco Heisenberg fece visita al suo maestro Bohr nella Danimarca occupata dai nazisti. Coinvolti nella ricerca scientifica su fronti opposti ed entrambi prossimi a chiudere la ricerca sulla bomba atomica, i due ebbero un colloquio i cui contenuti non sono mai stati svelati. Perché l’allievo volle incontrare il maestro proprio in quel momento? Per offrire protezione a Bohr in cambio di qualche segreto? Oppure al contrario, mosso da scrupoli morali ed essendo vicinissimo al traguardo, Heisenberg desiderava dare informazioni agli avversari?
Michael Frayn parte da tali quesiti per creare un appassionante groviglio in cui i piani temporali si sovrappongono, dando un valore universale alle questioni poste dai protagonisti. Le diverse ipotesi fatte all’epoca vengono enunciate una dopo l’altra portando in scena diversi incontri tra i due fisici, con diversi andamenti. Metaforicamente si traducono in struttura portante dell’impianto drammaturgico, quel Principio di Indeterminazione e di Complementarietà pronunciati molte volte nella pièce e così determinanti per l’elaborazione della teoria della relatività di Einstein. Non è possibile una sola verità oppure una sintesi efficace delle diverse verità perché una verità è semplicemente un punto di vista, il punto di vista di chi l’ha enunciata. Tutto è umano, niente è assoluto.
“Copenaghen” di Michael Frayn va in scena per la regia di Mauro Avogadro e nell’interpretazione di Umberto Orsini, Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice.
Le scene sono di Giacomo Andrico, i costumi di Gabriele Mayer, le luci di Carlo Pediani, il suono di Alessandro Saviozzi. Lo spettacolo è una produzione della Compagnia Umberto Orsini e del Teatro di Roma – Teatro Nazionale in co-produzione con CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia. Si ringrazia: Emilia Romagna Teatro Fondazione.
“Copenaghen” va in scena al Politeama Rossetti martedì 18 e mercoledì 19 dicembre alle ore 20.30 per il cartellone “Altri percorsi” del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.
I biglietti ancora disponibili si possono acquistare nei consueti punti vendita e circuiti oppure in internet accedendo direttamente dal sito del Teatro, www.ilrossetti.it. Per ogni informazione ci si può rivolgere al numero 040. 3593511.