Un giorno senza un sorriso è un giorno perso.
Charlie Chaplin
Uno spettacolo che porta il titolo Barzellette, non può che far prevedere due ore di sorrisi. Si, perchè di barzellette si tratta anche se le barzellette, appunto, sono solo un modo per soffermarci a ridere di noi.
Siamo assurdi con le nostre manie, le nostre abitudini e i nostri vizi.
Siamo malinconici troppo spesso ed abbiamo bisogno di inventarci un modo per sopportare la fatica del vivere.
Dunque si va a teatro, e si ascoltano le Barzellette di Ascanio Celestini. Eppure, quando ci si incontra nel Foyer, non si è mica del tutto convinti che si riderà per tutta la durata dello spettacolo. Perchè Ascanio Celestini è un bravo attore certamente, ma è anche uno scrittore molto apprezzato.
Il suo stile, non è solamente comico. In lui c’è quella malinconia che pervade i grandi comici, quelli che lasciano il segno, chissà, magari frutto dei suoi studi e sicuramente del suo percorso di vita.
Così non ci si stupisce neppure della scelta della scenografia, poetica all’ennesima potenza, con un’evocazione al passato aumentata dal suono del fischio del treno, dalle lucine quasi fosse Natale,dalle fotografie appese, dal suono di una fisarmonica e dal suo musicista dal nome di una casata storica.
No, non ci si stupisce ma si sorride e ci si commuove, consecutivamente, come bisogna raccontare le barzellette.
LauraPorettiRizman
AL TEATRO ORAZIO BOBBIO SABATO VANNO IN SCENA LE BARZELLETTE DI CELESTINI
TRIESTE – Sabato 1 febbraio alle 20.30 va in scena al Teatro Bobbio “Barzellette” con Ascanio Celestini, lo spettacolo tratto dal libro scritto dallo stesso Celestini edito da Einaudi. Cani parlanti, situazioni tra moglie e marito, sferzate al potere, qualche scorrettezza e qualche volgarità addomesticata. Insomma, ce n’è per tutti nel Barzellette che l’attore romano porta in scena in questo spettacolo fuori abbonamento alla Contrada. Il sipario si alza su una piccola stazione terminale. I treni arrivano e tornano indietro perché i binari si interrompono. Un vecchio ferroviere parla al becchino del paese in attesa di un morto di lusso. Nell’attesa, il ferroviere racconta le sue barzellette, quelle che ha raccolto dai viaggiatori. Gente sconosciuta che arriva e riparte senza lasciare nient’altro che le proprie storie buffe. E perché le ha raccolte? Per far ridere il capostazione. Nel tempo il vecchio ferroviere s’è innamorato delle sue storielle e non si sa se un giorno le racconterà davvero all’uomo per il quale sono state raccolte. O forse gliele ha già raccontate. Forse il capostazione è lui. Forse non c’è nemmeno una stazione, il treno non arriverà mai e il becchino è venuto per seppellire proprio il barzellettiere. L’unica certezza è che quel vecchio non riesce a starsene zitto. Le barzellette pescano nel torbido, nell’inconscio e la loro forza sta nel fatto che l’autore coincide perfettamente con l’attore. E così racconta anche la sua vita e persino alcuni temi tutt’altro che faceti come l’immigrazione e l’omosessualità. «Non esiste uno Shakespeare delle barzellette – spiega Ascanio Celestini – Chi le racconta si prende la responsabilità di riscriverle in quel preciso momento. Ma anche l’ascoltatore diventa implicitamente un autore. Appena ascoltata, può a sua volta diventare un raccontatore, ovvero un nuovo autore che la cambia, reinterpreta e improvvisa».