LA LOCANDIERA
di Carlo Goldoni
regia Antonio Latella
con Sonia Bergamasco, Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Giovanni Franzoni, Francesco Manetti, Annibale Pavone, Gabriele Pestilli, Marta Pizzigallo
dramaturg Linda Dalisi
scene Annelisa Zaccheria
costumi Graziella Pepe
musiche e suono Franco Visioli
luci Simone De Angelis
assistente alla regia Marco Corsucci
assistente alla regia volontario Giammarco Pignatiello
produzione Teatro Stabile dell’Umbria
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“La nobiltà non fa per me. La ricchezza la stimo e non la stimo. Tutto il mio piacere consiste nel vedermi servita, desiderata, adorata. Questa è la mia debolezza, e questa è la debolezza di quasi tutte le donne…”
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Da sempre ho trovato analogia tra la Bisbetica domata di William Shakespeare e La Locandiera di Carlo Goldoni.
Ovviamente nel caso di Goldoni il bisbetico è un uomo, ma oramai siamo avezzi al comprendere l’ideologia femminista che stava nascendo attraverso questo grande scrittore.
Il bisbetico in questione è il Cavaliere di Ripafratta, affascinante come Celentano nel famoso film, ma beffato dalla decisione femminile di Mirandolina che opta per il consiglio paterno nonostante si ritrovi a dover voltare le spalle alla passione.
Le spalle che spesso sono rivolte al pubblico è una diretta scelta del regista Antonio Latella che esalta in questo modo il momento del dialogo rivolto espressamente alla platea, come nella scena finale quando un magistrale e lentissimo calo di luci, chiude la scena con un silenzio prolungato che avvolge di magia il racconto.
Anche la musica non è casuale. Sussurrata dal vivo e come base musicale aggiunta, viaggia tra il passato barocco ed il trambusto del presente techno in un miscuglio che ricorda moltissimo i remix dei dj odierni. Neppure quella che sembra una canzone di Amy Winehouse stonerebbe, anzi, con il suo mal di vivere si sposerebbe perfettamente, perchè la Mirandolina di Latella è una donna di oggi, che conosce bene l’arte della seduzione e tutte le malizie femminili, la destrezza lavorativa ma anche la sapienza dell’arte culinaria e quella degli odori e dei gesti. Una donna forte che sa vivere e bastarsi ma non per questo riesce a cadere nel tranello della passione, riconoscendone il pericolo e togliendosi dal baratro a scapito della completezza amorosa.
E gli uomini? Nel marasma del procedere degli eventi del racconto, gli uomini alla fine appaiono come bambini, che dal gioco della guerra passano in un lampo a quello dello Shangai, perchè in fondo la guerra è un gioco e non si può rimanere arrabbiati per sempre altrimenti con chi potrebbero giocare alla fine? Bambini che a tratti diventano cavalieri, servitori e protettori, ma rimangono pur sempre bambini manovrabili da sapienti femmine che proprio per questo, a tratti amano ed a tratti odiano.
Uno spettacolo orchestrato magistralmente che trova nel cast dei perfetti esecutori di sinfonia goldoniana e geniale nella scelta del gioco che fa da perno simbolico: un intreccio da districare che sarà il piano di gioco così com’è il racconto.
La sala piena di giovani ha potuto apprezzare così un testo del 1752 che veste abiti moderni ma che strizza l’occhio al 1593. Un ottimo lavoro che appassiona il futuro teatrale attraverso il passato che non smette mai di incantare, con balzi di duecento anni che sembrano allineati.
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Lo spettacolo rimane in scena fino a domenica 20 ottobre al Politeama Rossetti di Trieste.
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Laura Poretti Rizman
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“Con “La Locandiera” – protagonista nei panni di Mirandolina un’ammiratissima Sonia Bergamasco – arriva al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia una delle commedie più amate di Carlo Goldoni. La regia di Antonio Latella ne mette in luce l’attualità e la forza: appuntamento da non perdere da giovedì 17 a domenica 20 ottobre al Politeama Rossetti”.
Antonio Latella dirige “La locandiera” di Carlo Goldoni con Sonia Bergamasco nel ruolo di Mirandolina. E sarà un allestimento profondamente attuale e incisivo.
La produzione – firmata dal Teatro Stabile dell’Umbria – è stata molto applaudita in Italia lo scorso anno e arriva al Politeama Rossetti da giovedì 17 a domenica 20 ottobre, in questo avvio “goldoniano” della Stagione del Settantennale del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.
Mirandolina gestisce la locanda ereditata dal padre, insieme al fedele Fabrizio, cui è legata da una promessa di matrimonio fatta al padre prima che morisse. Nella sua locanda due clienti, il Conte d’Albafiorita e il Marchese di Forlipopoli, entrambi innamorati di lei, si contendono le sue attenzioni, usando le armi che hanno a disposizione: i soldi l’uno e il titolo nobiliare l’altro.
La donna però riesce con intelligenza e superiorità ad arginare i corteggiamenti, consentendosi (quando i limiti della convenienza lo consentono) di ricavarne anche qualche piccolo dono.
La misoginia del Cavaliere di Ripafratta, altro cliente della locanda, che dichiara con forza il suo disprezzo verso le donne, accende in Mirandolina il gusto della sfida, tanto che decide di mettere in atto un piano per farlo capitolare.
Tra equivoci e inganni, arricchiti e movimentati anche dall’arrivo in locanda delle due attrici Ortensia e Dejanira, Mirandolina, riesce nell’intento di far innamorare il Cavaliere, che però, poi, perde la testa diventando pericoloso.
Tra equivoci e inganni, arricchiti e movimentati anche dall’arrivo in locanda delle due attrici Ortensia e Dejanira, Mirandolina, riesce nell’intento di far innamorare il Cavaliere, che però, poi, perde la testa diventando pericoloso.
La quiete si ristabilisce quando Mirandolina accetta di sposare Fabrizio, mettendo fine quindi alle pretese di tutti gli altri corteggiatori. Ma come in altre opere goldoniane la fine degli intrighi porta con sé un’ombra di malinconia.
«Penso a Café Müller di Pina Bausch. Penso ad una donna nata e cresciuta nella Locanda. Un luogo-mondo che accoglie infiniti mondi. Nel testo goldoniano il tema dell’eredità è il punto cardine di tutto» scrive Antonio Latella nelle sue note alla regia.
«Mirandolina seduta sul letto di morte del padre riceve in eredità la Locanda, ma anche l’ordine di sposarsi con Fabrizio, il primo servitore della Locanda. In questo credo che ci sia una inconsapevole identificazione del padre con il servo, come erede virtuale in quanto maschio. Più che un uomo per la figlia, il padre sceglie un uomo per la Locanda, un uomo pronto a tutto pur di proteggere la Locanda.
Credo che Goldoni con questo testo abbia fatto un gesto artistico potente ed estremo, un gesto di sconvolgente contemporaneità: innanzitutto siamo davanti al primo testo italiano con protagonista una donna, ma Goldoni va oltre, scardina ogni tipo di meccanismo, eleva una donna formalmente a servizio dei suoi clienti a donna capace di sconfiggere tutto l’universo maschile, soprattutto una donna che annienta con la sua abilità tutta l’aristocrazia. Di fatto Mirandolina riesce in un solo colpo a sbarazzarsi di un cavaliere, di un conte e di un marchese. Scegliendo alla fine il suo servitore come marito fa una scelta politica, mette a capo di tutto la servitù, nobilita i commercianti e gli artisti, facendo diventare la Locanda il luogo da dove tutta la storia teatrale del nostro paese si riscriverà, la storia che in qualche modo ci riguarda tutti. Goldoni fa anche un lavoro sulla lingua, accentuando un italiano toscano. Per essere Mirandolina bisogna essere capaci di mettersi al servizio dell’opera, ma anche non fare del proprio essere femminile una figura scontata.
Spesso noi registi abbiamo sminuito il lavoro artistico culturale che il grande Goldoni ha fatto con questa opera, la abbiamo ridimensionata, cadendo nell’ovvio e riportando il femminile a ciò che gli uomini vogliono vedere: il gioco della seduzione. Goldoni, invece, ha fatto con questo suo testamento, una grande operazione civile e culturale. Siamo davanti a un manifesto teatrale che dà inizio al teatro contemporaneo, mentre per una assurda cecità noi teatranti lo abbiamo banalizzato e reso innocente. La nostra mediocrità non è mai stata all’altezza dell’opera di Goldoni e, molto probabilmente, non lo sarò nemmeno io. Spero, però, di rendere omaggio a un maestro che proprio con Goldoni ha saputo riscrivere parte della storia teatrale italiana: parlo di Massimo Castri».
Lo spettacolo replica giovedì 17 ottobre alle 20.30, venerdì 18 ottobre alle 20.30, sabato 19 ottobre alle 19.30 e domenica 20 ottobre alle 16. Biglietti e abbonamenti sono ancora disponibili presso i punti vendita e nei circuiti consueti del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia: www.ilrossetti.vivaticket.it
Informazioni sono disponibili sul sito www.ilrossetti.it e al tel 040.3593511.
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Scheduled Arte e spettacolo Trieste