Lo spettacolo è tratto dal libro Lo spazio del silenzio, di Giovanna Paolin, che svela tante verità storiche con la forza della narrazione. Sulla scena Marta Cuscunà si esibisce mutando aspetto, pur vestendo gli stessi abiti, e voce ed esibendo una capacità elevata di professionalità. L’utilizzo di pupazze animate esaltano la sua capacità ad utilizzare varie forme di arti: fa la burattinaia muovendole senza l’utilizzo di fili ed allo stesso tempo cambia il tono di voce, racconta la storia vestendo personaggi di suore, vescovi e inquisitori sia nella voce che nelle movenze, dimostrando grande capacità mimica. Racconta la storia nascosta di un periodo lontano secoli, utilizzando un gergo attuale e alleggerendo di peso situazioni buie, tristi e difficili ma senza togliere l’importanza di una consapevolezza che punta verso un futuro di forza femminile. Le figlie venivano valutate a seconda della loro bellezza, della loro età, della loro cultura, della loro docilità e della loro integrità, fisica e morale. In base ad una valutazione che considerava questi criteri, veniva valutata una dote, ovvero un compenso da offrire a chi se ne faceva carico. Veniva infatti considerata una merce ad alto valore di deperimento, fortemente valutabile ed estremamente pericolosa e non tutte le famiglie avevano danari sufficienti per poter permettersi di sposare/vendere tutte le figlie. Il controllo delle nascite al tempo non era considerato e così le figlie in sovrannumero, soprattutto nelle famiglie nobili, finivano immancabilmente in un monastero. In questo spettacolo si racconta in particolar modo la storia del monastero delle Clarisse di santa Chiara di Udine attraverso la storia della monaca Arcangela Tarabotti, vissuta nei primi del 1600. Viviamo con lei la sua difficoltà di accettare la scelta di un padre che ama anche se il suo cuore la porterebbe altrove, perchè come racconta, l’abitudine a volte ci fa accettare anche un modello femminile che non accettiamo solamente perchè lo crediamo nostro. Alle suore viene anche mutato il nome, quasi a cancellarne l’identità precedente e a volte la cattiveria di chi gli impone quello nuovo le porta a pensare che tutto sia uno scherzo del destino, ma Angela e le sue sorelle si rendono presto conto che da ogni situazione negativa può scaturire una soluzione migliore e ribaltano la loro prospettiva e la loro vita. Il convento di clausura nel quale sono state rinchiuse fa si che si crei una alleanza di sorelle che prenda piena coscienza del fatto che il potere è in mano maschile: ribaltano la condizione e perlomeno all’interno del loro monastero osservano un matriarcato che a loro modo di vedere potrà creare un futuro migliore di quello che hanno fatto gli uomini. Essendo tutte provenienti da famiglie nobili, si fanno portare moltissimi libri e iniziano a studiare creando così una biblioteca molto rifornita. Aprono una scuola e istruiscono le giovani di molte famiglie nobili che iniziano ad apprezzarle e la loro fama si espande a macchia d’olivo, provocando irritazione da parte di alcuni inquisitori, ma la stima della nobiltà le protegge e così, continueranno a svolgere il compito che si sono prefissate.
©Laura Poretti Rizman

A seguire lo spettacolo, Giovanna Paolin interviene nel raccontare il momento dell’incontro con Marta Cuscunà, di come lei fosse rimasta colpita dalla lettura del suo libro e di come l’avesse lasciata libera di interpretare teatralmente il testo. I racconti sono stati spostati, dunque per permettere di creare l’opera teatrale, e questo inizialmente le ha provocato un sottile disagio, da storica qual’è e considerando la cura che ha impegnato nella ricerca storica.
Il suo raccontare scorre veloce e il pubblico risponde con interesse. Viene raccontata la sorellanza delle monache e delle allieva di Angela, e vengono ricordati altri nomi di suore che hanno cercato di raccontare qualcosa attraverso le loro opere.
Si parla dell’onore che per una donna è una delle cose più difficili da affrontare e dalla spontaneità celata da obblighi: sono venuta a farmi monaca spontaneamente perchè sapevo che dovevo venire, perchè mi avevano detto che non mi avrebbero picchiata, perchè immaginavo fosse bello.
Marta Cuscunà spiega che per introdurre la consapevolezza del potere femminile ha utilizzato la comparsa delle pupazze in scena perchè nel divenire marionette si può provare l’esperienza del distacco.
©Laura Poretti Rizman

Martedì 8 e mercoledì 9 aprile 2014 ore 21.00 – Teatro Miela Altri percorsi LA SEMPLICITÀ INGANNATA di e con Marta Cuscunà co-produzione Centrale Fies, Operaestate Festival Veneto SATIRA PER ATTRICE E PUPAZZE SUL LUSSO D’ESSER DONNE SECONDA TAPPA DEL PROGETTO SULLE RESISTENZE FEMMINILI IN ITALIA
Lo studio del saggio storico “Lo spazio del silenzio”, di Giovanna Paolin e delle testimonianze della monaca Arcangela Tarabotti (1604-1652), hanno rappresentato per Marta Cuscunà – versatile artista corregionale – il punto di partenza per proseguire nel progetto sulle “Resistenze femminili in Italia”. Progetto che ha avuto una fase iniziale in È bello vivere liberi e prosegue con La semplicità ingannata, uno spettacolo che armonizza temi acutamente sviscerati e umorismo, teatro d’attore di grande energia e tecniche di figura. La recitazione di Marta Cuscunà è infatti “totale” e coinvolgente e – sul piano della tecnica – sorprendente per la pulizia e la velocità dei passaggi fra ruoli diversi, e dalla funzione di attrice a quella di animatrice. La accompagnano infatti in scena soltanto alcune “pupazze” mosse da lei stessa. Il suo racconto evoca il passato per farci riflettere sul presente: parte quindi dal Cinquecento e ci indica come la nascita di una figlia femmina fosse allora sinonimo di perdita economica (la dote). Per rimediare a esborsi eccessivi si ricorse alla monacazione forzata delle fanciulle. Al convento Santa Chiara di Udine accadde allora qualcosa di unico e coraggioso: le clarisse resero il loro convento un’alternativa, uno spazio di contestazione, di libertà di pensiero, con un fervore culturale impensabile per l’universo femminile dell’epoca, un universo escluso dalla sfera politica, sociale e da ogni decisione esistenziale… In un periodo in cui la figura femminile è molto controversa, c’è bisogno di conoscere tali “resistenze”: come dice l’attrice, per avere la possibilità di farsi “coro” e cambiare il destino collettivo di generazioni di donne. Marta Cuscunà fa parte del progetto Fies Factory Sergio Staino ha scelto “La semplicità ingannata” per inaugurare la mostra Sacrosante Risate a Firenze! La mostra di vignette di satira religiosa schiera il meglio degli artisti italiani:Staino, Altan, Vauro, Bucchi, Ellekappa, Makkox, solo per citarne alcuni curata dall’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti. Martedì 8 al termine dello spettacolo incontro con Marta Cuscunà e la Prof. Giovanna Paolin autrice del libro “Lo spazio del silenzio. Monacazioni forzate, clausura e proposte di vita religiosa femminile nell’etā moderna” che ha ispirato lo spettacolo stesso. L’intento dell’incontro è quello di offrire al pubblico la possibilità di mettere a confronto le verità storiche (molte) e le licenze poetiche (poche) presenti nel testo teatrale. La semplicità ingannata va in scena in abbonamento per il cartellone altripercorsi del Teatro Stabile regionale, l’8 e il 9 aprile al Teatro Miela, con inizio alle ore 21. È l’ultimo appuntamento con la stagione altripercorsi del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, al Teatro Miela, frutto della sinergia che ha legato le due istituzioni teatrali nel corso della stagione 2013-2014.
organizzazione: Bonawentura / Il Rossetti Teatro Stabile del FVG Prevendita: biglietteria del Politeama Rossetti; biglietteria Teatro Miela tutti i giorni (esclusi sabato e domenica) dalle 17.00 alle 19.00; www.vivaticket.it