Una scena molto rigorosa fatta da pareti lisce e spoglie, grigie. Pochi i mobili, e un vinile a settantotto giri che suona in continuazione la quinta sinfonia di Beethoven, anarchico per eccellenza. Il mobilio d’età del dopoguerra. Un maggiore dell’esercito americano cerca di incastrare uno dei più grandi direttori d’orchestra tedeschi per collaborazionismo con il nazismo. Lui e tutti quelli che gli sono stati vicini, difendono l’immagine di un uomo che ha voluto nell’amore della musica donare bellezza al suo popolo anche in momenti difficili. Emerge anche una lunga lista di nominativi di ebrei aiutati da Wilhelm Furtwängler, ma neppure questo gesto viene tenuto in considerazione da chi risulta infastidito da tutto quanto appartenga ad un regime diverso dal suo. Infatti, proprio nel finale, è chiaro l’intento di manipolazione sulla stampa che farà qualunque cosa verrà detta da chi commissiona gli articoli e gestisce il potere del momento.
Luca Zingaretti ha attirato moltissimo pubblico per questo spettacolo che risulta essere davvero di perfetta interpretazione, anche nel suo lento svolgersi, quasi a ricordare l’estenuante attesa di un interrogatorio.
Massimo de Francovich, interpreta in maniera magistrale il ruolo assegnatoli. Un grande maestro d’orchestra che non si piega di fronte alle difficoltà della vita, cercando di trarne il meglio per sè e per chi gli sta vicino. Un uomo di cuore e di cervello, che riesce a salvare, comunque, moltissime vite umane. Il suo motto è che non esiste la verità, in quanto la verità non può essere comune a tutti. L’importante nella vita è distinguere i buoni dai cattivi.
In questo interrogatorio c’è spesso un confrontro diretto tra due grandi direttori d’orchestra: da una parte Wilhelm Furtwängler che non presenta nessuna tessera di partito ma che è sempre presente a tutte le rappresentazioni del periodo nazista e presenta un comportamento ambiguo nei confronti dell’antisemitismo, dall’altra Heribert Ritter “Herbert” von Karajan che di tessere ne conta ben due nel partito nazista, nel suo esibirsi berlinese. Ma è Wilhelm Furtwängler ad essere sotto accusa e come spesso accade viene incastrato da un uomo mediocre, bisognoso di emergere in qualche modo, non importa neppure in quale.
Con estremo raziocinio Furtwängler dichiara che Solo le grandi dittature sono in grado di capire l’importanza dell’arte. L’arte comunica bellezza e la musica parla direttamente allo spirito umano. Oggi le nuove dittature sono diverse e mutano continuamente aspetto.
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©Laura Poretti Rizman
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“Luca Zingaretti e Massimo de Francovich duettano in un “match drammaturgico ideale”: la commedia La torre d’avorio di Ronald Harwood in scena da mercoledì 11 dicembre al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. Zingaretti è anche regista dello spettacolo, fra i più applauditi nel panorama nazionale”.

Un grande direttore d’orchestra convive con la follia nazista pur di non privare il suo popolo della consolazione della bellezza, delle note di Mozart, Brahams, Beethoven… È Wilhelm Furtwängler che Ronald Harwood pone al centro di una commedia tesa e interessante, immaginando l’interrogatorio a cui sarebbe stato sottoposto durante il processo di denazificazione.
Si tratta de La torre d’avorio rivelatasi fin dal debutto – nel 1995 a Londra – un clamoroso successo internazionale. È Luca Zingaretti – in veste di regista e interprete – a portare in Italia questo bellissimo testo e a trasformarlo in uno degli spettacoli più applauditi nel panorama nazionale. A Trieste, ospite dello Stabile regionale, arriva mercoledì 11 dicembre e replica per il cartellone Prosa fino a domenica 15.
Zingaretti si assume il ruolo del maggiore americano che interroga l’eccellente direttore tedesco (magistralmente interpretato da Massimo De Francovich) che – è realtà – davanti ai colpi dell’accusatore assolutamente indifferente alla sua fama, così si difese: «Sapevo che la Germania era in una situazione terribile: io mi sono sentito responsabile per la musica tedesca, ed è stato mio compito farla sopravvivere a questa situazione, per quanto ho potuto. La preoccupazione per il fatto che la mia musica potesse essere usata dalla propaganda ha dovuto cedere alla preoccupazione più grande di conservare la musica tedesca, di farla ascoltare al popolo tedesco. Questo popolo, compatriota di Beethoven, Mozart e Schubert…».
Il grande maestro Wilhelm Furtwängler, considerato fra i massimi direttore d’orchestra del XX secolo, fino al 1945 aveva in effetti diretto i Berliner Philharmoniker: era sul podio in molte occasioni ufficiali durante il regime nazista che lo rispettò per il suo spessore artistico e gli permise di lavorare da privilegiato. Egli mantenne nei confronti del regime comunque grande distacco: non si iscrisse mai al partito, mai fece il saluto nazista. Alla fine di un concerto escogitò un sotterfugio (rimasto famoso) pur di non stringere la mano ad Hitler.
Il suo atteggiamento ambiguo rispetto agli ebrei però non aiuta a comprenderlo: da un lato elogiò musicisti ebrei e salvò alcuni elementi dei Berliner dal campo di concentramento, ma dall’altro ostacolò la presenza di ebrei in altre posizioni professionali e gli fu anche imputato di aver fatto propaganda antisemita contro il maestro Victor de Sabata…
La sua figura possiede dunque qualche ambiguità: ciò assieme al suo atteggiamento altero e alla sua fama clamorosa ne fece un soggetto ideale, eclatante ed esemplare per il processo di denazificazione in cui i vincitori dal 1946 si impegnarono molto.
Chiuso nel suo mondo fatto di armonie e bellezza, vibrante di umiliazione il Maestro è quanto di più lontanto si possa immaginare dal maggiore Adam (cui Luca Zingaretti presta ostinazione e durezza). Fra loro – tradotto nella bella drammaturgia del contemporaneo Harwood, autore di capolavori come Servo di scena, Il pianista, Quartet – avviene quello che nella boxe si definirebbe un “match ideale”.
La torre d’avorio di Ronald Harwood è diretto da Luca Zingaretti sulla traduzone di Masolino d’ Amico. Ne sono protagonisti lo stesso Zingaretti e Massimo de Francovich accanto ai quali applaudiremo in scena Paolo Briguglia, Gianluigi Fogacci, Francesca Ciocchetti, Caterina Gramaglia.
Le scene sono firmate da Andrè Benaim, i costumi da Chiara Ferrantini e le luci da Pasquale Mari. È prodotto da Zocotoco srl.
Lo spettacolo replica dall’11 al 15 dicembre alla Sala Assicurazioni: tutte le recite si svolgono alle ore 20.30 tranne la pomeridiana di domenica 15 dicembre, come di consueto in programma alle ore 16.
I biglietti si possono acquistare presso i consueti punti vendita del Teatro Stabile regionale, attraverso il sito www.ilrossetti.it, mentre informazioni sono disponibili anche al telefono chiamando il Teatro allo 040-3593511.
L’ufficio stampa