AL TEATRO DEI FABBRI ALLE 11
LO SPETTACOLO “L’ATLANTE DELLE CITTÀ”
TRATTO DA
“LE CITTÀ INVISIBILI” DI ITALO CALVINO.
Trieste – Grande attesa per “L’atlante delle città” domenica 16 febbraio alle 11 al Teatri dei Fabbri nell’ambito della rassegna della Contrada Ti Racconto una fIaba. Uno spettacolo di alto livello artistico e scenografico tratto da Le Città invisibili di Calvino: una macchina scenica si apre e si trasforma sotto gli occhi dei bambini: da aereo ad elica, a bicicletta, a lanterna magica, un atlante di città dove si nascondono storie, personaggi, racconti, immagini, disegni che si muovono grazie – anche – all’utilizzo di videoproiezioni.
In questa produzione Antonio Panzuto appaiono proprio “Le città invisibili”, infilate nei cassetti, tra sportelli e nascondigli, città capovolte, immerse nell’acqua, ricamate di carta, ritagliate nel rame, costruite di corda e di spago, appese a fili sottili e trasportate da cigolanti carrucole. Si assiste allo spettacolo seduti sotto una tenda del deserto che rende intensa e suggestiva la partecipazione dei bambini che si trovano così a viaggiare assieme a Marco Polo, viaggiatore solitario dei nostri giorni, un po’ assente e stralunato che parla in rima e che “… ignaro delle lingue del Levante non può esprimersi altrimenti che con gesti, salti di meraviglia, con oggetti che va estraendo dalle sue bisacce… e palese ed oscuro, tutto quello che mostra ha il potere degli emblemi che una volta visti non si possono più dimenticare nè confondere…”.
Lèggere e leggerezza: una parola ricorda l’altra e nel leggere Calvino si ha sempre questa sensazione, di essere sospesi e leggeri come le sue parole. Le sue città invisibili sono dappertutto, nella vita di lutti i giorni: si nascondono tra i fogli sparsi sulla scrivania, tra le corsie del supermercati, tra le foglie degli alberi; sono ovunque, nelle tasche dei vestiti, nel fazzoletto aggroviglialo nella borsa.
«Calvino gioca con le parole e ci spedisce messaggi interplanetari – spiega il produttore Antonio Panzuto – facendoceli trovare per caso sotto la tazza del caffè. La difficoltà è nel saperli riconoscere. Cosi anch’io ho provato a giocare con le figure di carta, con le mani, con colori e ricordi, ho provato a credere che un motore di lavatrice può far muovere un luna park e che un girarrosto può far girare l’elica di un aereo. Il risultalo è un gioco, con le cose e gli oggetti per sollevarsi dal mondo cosi normalmente quotidiano e ritrovarsi lontani… sulle rotte dell’Oriente». Figura atipica nel panorama teatrale italiano, Antonio Panzuto è un demiurgo gentile, un artista della scena che sfugge alle etichette con sorridente discrezione. Le sue macchine teatrali sono abitate da oggetti e figure azionate a vista tramite grovigli di fili mescolando legni e metalli, corde e tessuti, produce visioni secondo i segreti dettami di una drammaturgia pittorica che procede per affinità e corrispondenze più che per nessi logici o narrativi.